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LA TREGUA DI PRIMO LEVI

PER LE VACANZE ESTIVE

Dal 17 ottobre al 19 novembre 2016 leggeremo La tregua di Primo Levi e commenteremo il libro su Twitter, per riflettere sulla crisi dei migranti in Europa.

Perché La Tregua di Primo Levi

Che cosa accomuna il viaggio che Primo Levi dovette compiere nel 1945, di ritorno da Auschwitz verso Torino, attraversando in nove mesi una decina di paesi europei, con il viaggio dei rifugiati che oggi scappano dalla guerra in Eritrea, in Siria o in Afghanistan, o con il viaggio dei migranti che abbandonano l’Africa o il Medio Oriente alla ricerca di un luogo in cui costruire un futuro in Europa? Non certo le ragioni del viaggio, poiché quello di Levi fu un viaggio di ritorno dalla deportazione e dall’internamento, mentre quello dei rifugiati e dei migranti di oggi è un viaggio di andata; bensì, la speranza di giustizia.

“Avevamo sperato in un viaggio breve e sicuro, verso un campo attrezzato per accoglierci, verso un surrogato accettabile delle nostre case; e questa speranza faceva parte di una ben più grande speranza, quella in un mondo diritto e giusto, […] Era una speranza ingenua, come tutte quelle che riposano su tagli troppo netti fra il male e il bene, fra il passato e il futuro: ma noi ne vivevamo. […] Ci aspettavano altre prove, altre fatiche, altre fami, altri geli, altre paure”. (La tregua, III).

https://www.youtube.com/watch?v=O_SYln2cS-w

 

LEGGI IL ROMANZO DI PRIMO LEVI E PER OGNI CAPITOLO INDIVIDUA ALMENO TRE FRASI SIGNIFICATIVE E TRE COMMENTI PERSONALI.

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GRAMMATICA

ESERCIZI  DA PAG. 558 A PAG. 561 (tutti tranne numero 4)

DA PAG. 695 (a partire dall’esercizio n. 6) A PAG. 698

 

 

QUASIMODO

classe capovolta

 

Ed è subito sera [da Acque e terre (1930)]

È una lirica che, nella sua essenziale brevità, bene esemplifica le intenzioni e i risultati della ricerca ermetica: la concisione estrema dell’espressione; il significato profondo della parola, che, nella sua rarefatta concentrazione, entra in rapporti di intensa collaborazione analogica; la problematica interiore ed esistenziale, di cui il testo si fa portatore.

Il primo verso esprime la solitudine dell’uomo, che pure si trova «sul cuor della terra», nel cuore e quindi al centro delle cose (il termine indica in più il pulsare della vita, da cui scaturiscono i sentimenti, le emozioni, gli affetti). Da questi elementi sprigiona una contraddizione che si ripercuote su «trafitto», il cui significato racchiude in sé una profonda ambivalenza: il «raggio di sole» che colpisce l’uomo è simbolo di luce e di calore, e quindi della stessa vita (oltre a portare con sé un’idea di infinito, che allude al mistero stesso della creazione); ma «trafitto» implica soprattutto il significato di “ferito”, trasformando il «raggio» in una specie di dardo, portatore di morte. È questa l’impressione destinata a prevalere dopo la lettura dell’ultimo verso, che (separato dai due punti, ma direttamente unito dalla congiunzione «ed») registra l’improvviso («subito») sopraggiungere della «sera», ossia della fine.

Nel brevissimo giro del discorso poetico sono condensati i motivi di una desolata solitudine, della precarietà della vita e dello sfiorire delle illusioni, dell’infinito e della morte, come segno del segreto dell’esistenza, dell’insondabile rapporto fra l’uomo e le cose.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

 

Milano, agosto 1943 [da Giorno dopo giorno (1947)]

Nell’agosto del 1943 violenti bombardamenti colpiscono Milano. L’abituale immagine della città, fervida di vita e di lavoro, viene sconvolta: dappertutto si osservano segni di violenza, di distruzione, di morte, che non lasciano adito neppure alla speranza. Testimone di tanta tragedia, il poeta registra quei terribili segni, non senza farsi interprete del dolore di tutti.
Dallo spunto da cui è nata, la lirica si innalza a una meditazione sulle devastazioni operate dalla follia degli uomini, trasformandosi in una ferma condanna non solo della guerra cui è tragicamente legata, ma di ogni guerra, di ogni violenza.
Lo scenario di morte è reso dal poeta in uno stile descrittivo e discorsivo, con un linguaggio che nulla concede alle raffinatezze della forma, ma mira, piuttosto, a tradursi in immagini vive.

Il testo è costituito da tre sequenze:
1. il bombardamento, che ha distrutto cose e persone;
2. il silenzio di morte, non turbato da nulla, neanche dal canto dell’usignolo;
3. lo smarrimento impotente e la disperazione: non c’è niente da fare, neanche seppellire i morti, già custoditi sotto le macerie.

Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
È caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.
NOTE
1la polvere: è una metonimia, cioè indica la parte per il tutto (polvere è in sostituzione di macerie).
3l’ultimo rombo: è cessata l’incursione aerea. Rombo è metonimia, in sostituzione di motore, cioè di aereo militare.
4naviglio: antico canale che attraversa Milano.
7pozzi: la rete idrica è stata distrutta, e la gente scava pozzi nel terreno.
8sete: le rovine e i morti hanno spento nei vivi ogni voglia di vivere.
11è morta, è morta: l’espressione ripetuta rende diffuso il senso della morte.

ALLE FRONDE DEI SALICI

Nel settembre 1943 l’Italia risultava divisa in due parti. Nella parte meridionale, controllata dagli Alleati, era stata restaurata la monarchia, sotto il re Vittorio Emanuele III. Nella parte centro-settentrionale, occupata dai tedeschi, Mussolini aveva creato la Repubblica sociale italiana.
Dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 l’esercito di liberazione condusse una lotta senza esclusione di colpi contro i tedeschi e i fascisti, che rispondevano con rastrellamenti, deportazioni e veri e propri massacri. Particolarmente feroci furono quelli di Boves, in Piemonte, di Marzabotto, in Emilia, dove le SS sterminarono l830 civili, e di Roma, dove i nazisti come rappresaglia a un attentato partigiano, che era costato la vita a 32 soldati tedeschi, uccisero 335 prigionieri italiani.
Di fronte agli orrori, ai mali della guerra, i poeti non potevano cantare, scrivere versi, ma solo agire come gli antichi ebrei schiavi a Babilonia, che appesero le loro cetre ai rami dei salici.

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
NOTE 2 con il piede…: è una metafora: con l’esercito tedesco che aveva occupato l’Italia.
4sull’erba dura…: con i morti abbandonati sull’erba, resa dura dal ghiaccio.
4-5al lamento d’agnello…: alle innocenti voci di lamento dei bambini: nei riti di purificazione dei popoli antichi l’agnello era la vittima innocente.
5-7urlo nero… telegrafo: disperato, di morte; l’urlo disperato della madre che, impazzita, corre verso il figlio crocifisso su un palo di telegrafo.
8-10Alle fronde… vento: anche le cetre dei nostri poeti, simbolo della poesia, erano appese, impotenti, smarrite, ai rami dei salici, per una promessa di silenzio. C’è un riferimento storico: il Salmo CXXXVI della Bibbia rievoca la deportazione degli ebrei a Babilonia: “Abbiamo appeso ai salici le nostre cetre… Come potremmo cantare in terra straniera?”.

ESERCIZIO LAVORO DI GRUPPO

1. Scegli la risposta esatta

A chi si riferisce il pronome “noi” del verso 1?

a) Agli italiani

b) Ai poeti

Che cosa significa la frase “ con il piede straniero sopra il cuore”?

a) Indica il periodo dell’occupazione tedesca in Italia durante la seconda guerra mondiale

b) Indica il periodo in cui si è sviluppato il fascismo in Italia

I protagonisti di questa lirica sono:

a) i poeti

b) i salici

Il “lamento d’agnello” dei fanciulli ( verso 5) indica

a) che i fanciulli sono vittime innocenti

b) che i fanciulli soffrono a causa della guerra

Perchè Quasimodo sceglie proprio i salici?

a) Il salice è l’albero del pianto

b) Il salice è l’albero che ha un significato simbolico per gli Ebrei

Che cosa rappresentano le “cetre” al verso 9?

a) Uno strumento musicale

b) La poesia e il canto poetico

Che cosa significa l’espressione “ per voto” al verso 8?

a) I poeti hanno fatto una promessa, un giuramento

b) I poeti si sono riuniti, consultati e hanno preso una decisione comune

I poeti hanno appeso le cetre ai salici

a) come fecero gli Ebrei quando furono deportati in Babilonia, rifiutandosi di cantare per i loro nemici

b) come gli Ebrei, che erano soliti suonare le cetre sotto le fronde dei salici

A chi si rivolge il poeta con la domanda iniziale?

a) Agli altri poeti

b) A tutti gli uomini

Perchè, secondo te, viene scelta proprio la cetra?

a)Per ricordarne il suono

b) Per indicarne la leggerezza

2. Cerca nel testo le parole che rievocano la guerra.

3. A quale testo importante si è ispirato il poeta per scrivere questa lirica?

4. A quale avvenimento storico fa riferimento la poesia?

5. Perchè il poeta sceglie di “appendere la cetra” e di restare in silenzio ?

6. Ogni guerra è il simbolo di crudeltà, ferocia, morte e devastazione: tu che cosa ne pensi?

 

 

Uomo del mio tempo [da Acque e terre (1947)]

La storia e il progresso, afferma Quasimodo, non sono riusciti a cambiare l’uomo. Egli è ancora, sotto certi aspetti, quello primitivo, quello delle caverne: la stessa violenza irrazionale e assassina guida le sue azioni. Rispetto all’uomo primitivo ha solo inventato strumenti di distruzione e di sangue più efficienti, più efficaci, più sofisticati, più “intelligenti”. L’uomo di oggi persiste ancora nella sua follia. A chiusura del testo il poeta invita i giovani a non continuare a scrivere pagine di discordie, di morti, di crudeltà: le pagine già scritte dai loro padri.

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
– t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
– Andiamo ai campi. – E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
NOTE 1 Sei ancora…: l’uomo di oggi non è diverso dall’uomo primitivo; ha solo costruito armi più perfette.
2carlinga: parte di un aereo destinata ad alloggiare l’equipaggio, o anche il carico.
3meridiane di morte: armi perfette che proiettano intorno a sé ombre di morte, di rovina. La meridiana è un orologio solare formato da un complesso di linee orarie tracciate su di un muro o pavimento, ove lo gnomone proietta la sua ombra durante le varie ore del giorno.
4carro di fuoco: carro armato.
6persuasa…: utilizzata solo per atti di distruzione.
10E questo sangue…: si riferisce all’omicidio di Abele ad opera di Caino, il fratello, narrato nell’antico testamento. Con questo omicidio, Caino diede inizio ad una interminabile serie di delitti e di follie. Le stragi di oggi hanno la stessa brutalità del primo omicidio fraterno.
12 – E quell’eco fredda…: le menzogne, le discordie, l’odio fratricida sono ancora presenti nei pensieri e nelle azioni della nostra vita di ogni giorno.
14o figli: o giovani.
16le loro tombe…cenere: i resti dei vostri padri sono ormai cenere; anche le loro tombe a poco a poco scompaiono. O giovani, non commettete gli stessi sbagli dei vostri padri; non fate ricorso alle discordie, all’odio, all’intolleranza.

ATTIVITA’ IN GRUPPI:

CERCATE POESIE DI UNGARETTI SULLA SECONDA GUERRA MONDIALE E METTETELE A CONFRONTO CON QUELLE DI QUASIMODO.