Con Pinocchio per dirci TANTI AUGURI!

“Io e Emanuela ti abbiamo creato. Con stoffa, filo e bottoni sei nato. Un po’ di rossino, verdino, azzurrino, sei tu… Anche se ci dobbiamo lasciare, non ti potrò mai dimenticare. Auguro a te e a chi ti riceverà tantissima felicità e sono sono sicura che non avrai paura… CIAO Pinocchio mio!!! Auguri di Buon Natale!”

Ed era già piú di due ore che dormiva saporitamente; quando verso la mezzanotte fu svegliato da un bisbiglio e da un pissi-pissi di vocine strane, che gli parve di sentire nell’aia. Messa fuori la punta del naso dalla buca del casotto, vide riunite a consiglio quattro bestiuole di pelame scuro, che parevano gatti. Ma non erano gatti: erano faine, animaletti carnivori, ghiottissimi specialmente d’uova e di pollastrine giovani. Una di queste faine, staccandosi dalle sue compagne, andò alla buca del casotto e disse sottovoce: — Buona sera, Melampo. — Io non mi chiamo Melampo — rispose il burattino. — O dunque chi sei? — Io sono Pinocchio. — E che cosa fai cosí? — Faccio il cane di guardia. — O Melampo dov’è? Dov’è il vecchio cane, che stava in questo casotto? — È morto questa mattina. — Morto? Povera bestia!... Era tanto buono!... Ma giudicandoti dalla fisionomia, anche te mi sembri un cane di garbo. — Domando scusa, io non sono un cane!... — O chi sei? — Io sono un burattino. — E fai da cane di guardia? — Pur troppo: per mia punizione!... — Ebbene, io ti propongo gli stessi patti, che avevo col defunto Melampo: e sarai contento. — E questi patti sarebbero? — Noi verremo una volta la settimana, come per il passato, a visitare di notte questo pollaio, e porteremo via otto galline. Di queste galline, sette le mangeremo noi, e una la daremo a te, a condizione, s’intende bene, che tu faccia finta di dormire e non ti venga mai l’estro di abbaiare e di svegliare il contadino. — E Melampo faceva proprio cosí? — domandò Pinocchio. — Faceva cosí, e fra noi e lui, siamo andati sempre d’accordo. Dormi dunque tranquillamente, e stai sicuro che prima di partire di qui, ti lasceremo sul casotto una gallina bell’e pelata per la colazione di domani. Ci siamo intesi bene? — Anche troppo bene!... — rispose Pinocchio: e tentennò il capo in un certo modo minaccioso, come se avesse voluto dire: — Fra poco ci riparleremo!... — Quando le quattro faine si credettero sicure del fatto loro, andarono difilato al pollaio, che rimaneva appunto vicinissimo al casotto del cane; e aperta a furia di denti e di unghioli la porticina di legno, che ne chiudeva l’entrata, vi sgusciarono dentro, una dopo l’altra. Ma non erano ancora finite d’entrare, che sentirono la porticina richiudersi con grandissima violenza. Quello che l’aveva richiusa era Pinocchio; il quale, non contento di averla richiusa, vi posò davanti per maggior sicurezza una grossa pietra, a guisa di puntello. E poi cominciò ad abbaiare: e, abbaiando proprio come se fosse un cane di guardia, faceva colla voce: bú-bú-bú-bú. A quell’abbaiata, il contadino saltò il letto, e preso il fucile e affacciatosi alla finestra, domandò: — Che c’è di nuovo? — Ci sono i ladri! — rispose Pinocchio. — Dove sono? — Nel pollaio. — Ora scendo subito. — E difatti, in men che si dice amen, il contadino scese: entrò di corsa nel pollaio, e dopo avere acchiappate e rinchiuse in un sacco le quattro faine, disse loro con accento di vera contentezza: — Alla fine siete cascate nelle mie mani! Potrei punirvi, ma sí vil non sono! Mi contenterò, invece, di portarvi domani all’oste del vicino paese, il quale vi spellerà e vi cucinerà a uso lepre dolce e forte. È un onore che non vi meritate, ma gli uomini generosi, come me, non badano a queste piccolezze!... — Quindi, avvicinatosi a Pinocchio, cominciò a fargli molte carezze, e, fra le altre cose, gli domandò: — Com’hai fatto a scoprire il complotto di queste quattro ladroncelle? E dire che Melampo, il mio fido Melampo, non s’era mai accorto di nulla!... — Il burattino, allora, avrebbe potuto raccontare quel che sapeva; avrebbe potuto, cioè, raccontare i patti vergognosi che passavano fra il cane e le faine: ma ricordatosi che il cane era morto, pensò subito dentro di sé: — A che serve accusare i morti?... I morti son morti, e la miglior cosa che si possa fare è quella di lasciarli in pace!... — All’arrivo delle faine sull’aia, eri sveglio o dormivi? — continuò a chiedergli il contadino. — Dormivo — rispose Pinocchio — ma le faine mi hanno svegliato coi loro chiacchiericci, e una è venuta fin qui al casotto per dirmi: «Se prometti di non abbaiare, e di non svegliare il padrone, noi ti regaleremo una pollastra bell’e pelata!...» Capite, eh? Avere la sfacciataggine di fare a me una simile proposta! Perché bisogna sapere che io sono un burattino, che avrò tutti i difetti di questo mondo: ma non avrò mai quello di star di balla e di reggere il sacco alla gente disonesta! — — Bravo ragazzo! — gridò il contadino, battendogli sur una spalla. — Cotesti sentimenti ti fanno onore: e per provarti la mia grande soddisfazione, ti lascio libero fin d’ora di tornare a casa. — E gli levò il collare da cane.

XXII. Pinocchio scopre i ladri, e in ricompensa di essere stato fedele vien posto in libertà.

Poi con il compasso ho disegnato un cerchio, dopodiché ho disegnato il naso. Dopo gli ho disegnato i capelli, il “collarino”, il vestito fiorito, gli occhi, la bocca ed il cappello. Poi ho colorato con i pastelli ad olio.

Il mio Pinocchio l’ho realizzato usando un foglio con sfumature marroni che assomigliavano a quelle di un albero.

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